Wednesday 24 June 2009

La Possibilità della verità (2)


Su questo tema abbiamo pensato di scrivere una serie di articoli dal punto di vista filosofico, questo è il secondo. Vi chiediamo, con tutto il rispetto, di leggerlo con un’ottica critica e di individuare i punti incoerenti e inadeguati per poi discuterne insieme.

La verità e la mentalità aperta

La ricerca della verità sembra essere banalizzata. Tutti pretendono di possedere la Verità. Soprattutto le religioni del Mondo insegnano e predicano ai loro seguaci la loro verità come Assoluta. In questo modo nascono i conflitti tra le diverse religioni che sostengono e poi impongono agli altri la propria verità utilizzando potere, denaro, astuzia, e altri modi giustificati. Ci sono i potenti politici che pretendono d’essere gli unici di dichiarare la verità e poi decidono per tutti. Ci sono le verità relative. Ci sono le verità che pretendono, d’essere uniche. Altrettanto ci sono le verità dei vari gruppi, delle varie società, dei partiti politici, del commercio, delle culture, e infine personali. Quindi, ci sono un’infinità di forme delle verità che riguardano la vita degli esseri umani su questa terra. Perciò bisogna verificare la possibilità di una o più verità fondamentali riguardanti alla vita umana su questa terra. La natura del pensiero umano è analoga a un universo rinchiuso in uno spazio limitato con altri limiti relativi alla corporeità e all’esistenza particolare. La sua natura è dinamica, quindi sempre in atto, in movimento. Le frazioni di pensieri nascono e muoiono continuamente. Da questo punto di vista qualsiasi frazione che si può individuare coscientemente da un soggetto all’interno di un dato sistema socio-politico-economico e culturale avrà un senso. In questo modo avremo tantissime difficoltà di comprendere ciò che è vero e ciò che è falso. Il nostro compito dovrebbe essere di cercare la verità o/e le verità universali fondamentali della vita umana, in questo modo la ricerca della verità non diventa una negazione del proprio status, socio-politico-economico e culturali, invece lo arricchisce a livello universale e dà la possibilità di allargare i propri orizzonti.

La difficoltà di comprendere delle verità

“Vedere” la/le verità è difficile. Le verità che noi conosciamo sono di diverse natura: individuale, religiosa, socio-politico-economico e culturale. In questo modo abbiamo tante verità e così le verità diventano relative. Quindi, ognuno ha la propria verità e tutto vale, ma tutto ciò che pretende d’essere vero può anche non valere nulla. Perché, alla fine tutti decidono partendo dalle proprie verità e naturalmente, in qualche modo, chi ha le idee simili si aggrega con gli altri per i propri interessi. La maggior parte del mondo vivrà, in uno stato primitivo materialmente e concettualmente avanzato. È una lotta di sopravivenza. Così è che oggi noi vediamo il mondo. La verità scaturisce dal proprio cuore. Dunque, la ricerca della verità parte dalla comprensione della propria esistenza. La propria capacità di pensare e ragionare è il punto di partenza e non vi è un altro modo valido per la ricerca. Noi siamo consapevoli di ciò che diciamo a questo proposito, cioè, lo abbiamo già sentito da vari filosofi di varie culture; noi non ci stiamo ripentendo, ma stiamo ricordando dove siamo e dove è possibile muoversi deliberatamente.

La libertà dai concetti

Se la nostra conoscenza è una specie di comprensione a livello concettuale, innanzitutto e soprattutto bisogna capire cosa sono i concetti. I concetti sembrano che galleggiano nella nostra dinamica del tempo: passato, presente e futuro. Se per esempio consideriamo il futuro, esso è qualcosa che dobbiamo dominare e che bisogna avere in proprio possesso. Il passato diventa qualcosa di noi. Il presente è un attimo che passa aggancia ogni essere umano al passato poi al futuro con variazioni di umori (speranza positiva e negativa e senza speranza ecc). Ed è così che nel tempo noi creiamo catene di memorie e le riproduciamo e narriamo in maniere diverse. In questo modo formiamo le montagne di storie che pretendono di essere vere. Quando si mettono in luce tutti i concetti, spariscono le storie e l’uomo diventa libero. Alcune battaglie sono inutili. Per esempio cercare di conoscere l’inizio del tempo e la fine del tempo. Il tempo come dimostravano tanti filosofi è una dimensione psichica e dipende necessariamente dal modo di conoscere l’essere umano; quindi, uno dopo l’altro, cioè, consequenziale vale a dire che entra necessariamente la causalità. Pensando la causalità possiamo proporre tutte le conoscenze accumulate nel corso seguito da varie culture. In questo modo uno non può essere libero ma può considerare quella conoscenza come un punto di partenza e non il punto d’arrivo. Un altro fattore da tenere in considerazione è che se noi dipendiamo dalla sola fede non possiamo comprendere il mondo, d’altra parte se noi siamo adoratori delle scienze sperimentali che a loro volta dipendono dalla fenomenicità e le verità d’esse durano poco, noi non possiamo essere liberi dai concetti, quindi dipendiamo dalla causalità.

La verità e l’amore per la vita

La verità non può essere parziale, e non necessariamente universale. Le verità dei fatti riguardanti l’esistenza rudimentale (nutrizione, protezione, e procreazione ecc.) hanno bisogno delle verità relative. Queste verità relative derivano dalle verità universali. Una delle prime verità è quello che chiamiamo ‘l’amore per la vita’. Se una persona non è di mentalità provinciale e/o un tipo cavalleresco che vede solo ciò che è indispensabile per la sopravvivenza propria e dell’utile dei propri amici, parte dalle verità universali. Supponiamo che anche gli atteggiamenti a favore della vita possono essere superati, vale a dire che uno può oltrepassare verso un'altra dimensione che si può sperimentare vivendo in questo mondo, ma il seme dell’amore per la vita ha bisogno di un terreno fertile e adatto. L’esempio più comune è quello di fanatismo politico, religioso, o altre che a loro volta sono pronte a distruggere le forme di vita per i propri ideali. L’uomo è predisposto a queste verità ma come abbiamo visto i pregiudizi comportano ostacoli per essere equilibri per quanto concerne il desiderio per la verità, per la ricerca della verità e per amore per la verità universale. Per esempio alcune persone nascono più sensibili alle verità universali e altri no; ciò vuol dire che c’è una predisposizione naturale-biologica anche per quanto concerne la comprensione e l’agire coerente della verità universale.

Ritornando al concetto ‘del amore per la vita’, possiamo confrontarlo a livello religioso per verificarne i loro limiti e poi deliberare una comprensione più universale. Il concetto di ‘amore’ per la religione cristiana è limitato al proprio gruppo di battezzati e alle persone che condividono gli insegnamenti. Il concetto pratico “Maitri” ossia “Mettà” di Buddha non è limitato ad un gruppo ma invece è universale. Da questa diversità scaturisce anche l’etica di un gruppo di persone. Il rispetto alla vita e alla vita pratica scaturisce dalle verità che derivano dalle verità universali. In questo modo le leggi e le norme hanno poco da fare. L’uomo maturo che distingue le verità universali da quelle provinciali vive secondo la saggezza pratica e coerente.

I punti che ostacolano la libertà

Abituarsi a pensare e agire per diverse ragioni come un “automa”, è il modo più diffuso tra gli esseri umani. Questo è in parte contraddittorio per un essere dotato di ragione, libertà, responsabilità e altre capacità che il mondo vegetale e animale non hanno. Vivendo solo da imitatori ciechi, si scaturiscono due categorie di uomini: dominatori e dominati. I dominati non pensano perché sono limitati a seguire le attività della vita quotidiana in base ad alcuni punti che a loro volta sono stati imposti soprattutto dalla nascita di un soggetto (non neghiamo la formazione alla vita, in quanto riteniamo l’importanza della tradizione un sistema socio-politico-economico e culturale). I dominatori conoscono l’importanza del pensare e anche il pericolo del pensare. Noi vi diciamo che ci sono i “dominatori” che pretendono di essere salvatori ma in realtà loro pensano solo al loro interesse e alla loro sopravvivenza. Hanno creato per loro i diritti umani, per non avere spazi e possibilità di andare contro i loro interessi. In questo modo formano leggi che proibiscono ai soggetti liberi di pensare; utilizzano forze e sforzi con tattiche raffinate per ostacolare il pensiero. Le scuole, le università, e altri istituti di formazione sono i luoghi che creano i dominati. Sono i luoghi dove i soggetti imparano a ripetere a pappagallo, non avendo la possibilità di diventare degli innovatori. In questo modo i dominatori hanno la possibilità di controllare il pensiero. Sanno come vanno le cose. Un esempio è gli economisti che progettano il mercato per il futuro osservando il comportamento abituale delle persone dominate, rendendo i dominati ingannati dal mercato e dal loro stesso atteggiamento. I dominati agiscono in un certo modo perché lo dicono gli altri, perché lo dice la tradizione, perché sembra che così sia giusto fare, perché gli antenati hanno detto così, perché così dice la ragione (dominato), perché è coerente con la teoria, perché i pregiudizi e le visioni dicono così, perché il consigliere o il professore a me simpatico così dice di fare, perché l’autorità e i maestri hanno detto così. È qui che nasce un “pregiudizio” che a sua volta può ostacolare a comprendere i fatti universali che oltrepassano i pregiudizi.

Saturday 13 June 2009

La Possibilità della verità (01)

La Possibilità della verità (01)


Castello di Quero, Acquarello, by: Ajith Rohan - 1998

Su questo tema abbiamo progettato di scrivere una serie di articoli dal punto di vista filosofico. Vi chiediamo con tutto il rispetto di leggere con l’ottica critica e di individuare i punti incoerenti e inadeguati al problema poi generosamente farci sapere le vostre idee.
Premessa
La verità è un problema nato con l’uomo “soggetto” ed “individuo”. Innanzitutto e soprattutto, l’uomo non sa chi sia lui/lei esattamente, e non è capace di dare una definizione esauriente di se stesso. Ha la certezza e, allo stesso tempo, ha i dubbi su tutto intero il proprio essere. Sappiamo, secondo le creatività del campo biologico, che gli esseri umani sono tutti uguali, fatta eccezione delle capacità intellettuali e fisiche che a loro volta sono modifiche dello stesso DNA e non hanno nulla di particolare che un qualsiasi uomo non possa avere. Il fatto è questo: senza conoscere l’uomo come è possibile conoscere la verità? Vale a dire, se l’uomo deve conoscere, come conosce? Cosa conosce? Quale è la validità della sua conoscenza? Quando conosce cosa fa e cosa succede in lui/lei? Se queste domande fondamentali sono valide, dobbiamo formulare un'altra domanda: conoscere è comprendere la capacità umana di comprendere e quindi comprendere il nostro comprendere? Nonostante tutto ciò, ci sono diverse verità. Ci sono anche diverse unità della verità considerata come Assoluta. All’interno di uno sfondo catalitico di un’unità Assoluta della verità, ci sono poi diverse altre verità e convinzioni diverse. Tra queste tutte verità Assolute ed altre verità, forse ci sono alcune caratteristiche che si possono rendere evidenti; come per esempio la regola d’oro. Intanto, continua il dubbio e continua la tentazione di fare affermazioni sulle “Verità” assolute. D’altra parte, non sappiamo qual è la relazione tra le verità e, le Verità e l’uomo, perché anche noi pensiamo di aver “scoperto” delle verità Assolute, viviamo sempre dimenticandole proprio come se non avessimo nulla del genere, dando spazio solo al potere, alla prepotenza, all’istinto, al dominio dell’altro, alla guerra, alla produzione degli armi di massa ecc. Se è così, qual è la possibilità della verità nella nostra vita?

introduzione

Tutti gli esseri umani cercano o sperano, relativamente o universalmente, la coerenza tra i fatti. Questa ricerca e/o speranza potrebbe essere fondata su una definizione della verità, ma è anche altrettanto possibile non avere una definizione precisa, chiara e distinta (come sperano tutti). La verità sul piano collettivo è pericolosa. Innanzitutto, la verità in questo contesto diventa giustizia e pace, che, a loro volta, sono legate in modo complementare all’ingiustizia e alla guerra. L’istinto collettivo esige dall’individuo il sacrificio del proprio sé, cioè, dei piaceri, dispiaceri, volontà, amori, libertà e perfino della propria vita. Quindi, non si può amare liberamente chi si vuole perché, se chi si ama è un “fuori legge collettivo”, bisogna tradirlo e consegnarlo alla giustizia. In questo modo, grazie a questa verità, ossia alla giustizia collettiva, tra noi c’è sempre diffidenza, dolore, ansia, sofferenza e dispiacere di vivere. Nonostante tutto, bisogna rendere evidente un principio universale, prima di procedere nel discorso: senza la presenza dell’uomo il problema della verità o delle verità non esiste. Lui/lei è il centro di tutto ciò che sta intorno. Qualsiasi singolo concetto che si “assorbe”, si “riduce”, ossia fa da piattaforma o da sfondo, per le “creatività” dei soggetti, diventa il “movente” o la dimensione nascosta o il cannocchiale dell’interpretazione. Senza la presenza dell’uomo, noi non sappiamo nulla; per dirlo, io devo essere un uomo altrimenti nulla posso dire.
Detto questo, ora individuiamo alcuni piani rispetto a cui uno spera o cerca la verità: un primo livello è nella vita, nei fatti quotidiani, all’interno dei domini socio-politico e culturali, e/o a livello internazionale; un altro livello è quello spirituale e infine a livello filosofico. Quest’ultimo, a sua volta, abbraccia l'uomo in quanto uomo e la natura in quanto natura, vale a dire, la filosofia non esclude nulla. Ora, dobbiamo affermare anticipatamente che, se a livello socio-politico e culturale l’uomo viene soddisfatto alla più alta percentuale possibile (supponiamo che la possibilità della corruzione sia zero) il bisogno della verità, ossia della giustizia e della pace, il livello spirituale, naturalmente non dovrebbe presentare problemi[1]. Il primo livello è legato al cuore dell’esistenza, quindi, riguarda esplicitamente i diritti di tutti gli esseri umani (se dobbiamo discutere sul serio dei diritti umani) e non solo di quelli di alcune collettività[2]. Come sappiamo tutti, i fondatori delle religioni hanno rispettato l’uomo e i suoi diritti; per esempio nella religione cattolica, Gesù, il figlio di Dio, ha dato da mangiare moltiplicando i pesci e il pane. L’altro fatto più importante della religione Cattolica è questa: il rispetto della libertà dell’uomo. Questo si può verificare sia nell’Antico Testamento (per. Es. dopo che ha “peccato” liberamente, “Dio” non distrugge la sua creatura, ma le chiede di assumere la responsabilità dell’atto compiuto e poi, “Egli” non la lascia senza aiuto, e promette di inviare un “Salvatore”) che Nel Nuovo Testamento (Gesù sempre chiede cosa si desidera da Lui, dalla persona che sta di fronte, prima di agire con la propria percezione “divina”; questo “agire” può riguardare la guarigione da una malattia, o dare da mangiare ecc. Egli non esita a rispettare la volontà del soggetto umano. Non ha preteso, usando la sua appartenenza a un “Dio”, di violare la libertà del soggetto umano). Nella religione Buddhista, il Buddha, prima di insegnare, dava da mangiare affermando che lo stomaco vuoto non regge gli insegnamenti. Se è così, senza il rispetto dei soggetti umani che hanno nome e cognome, all’interno dei domini socio-politico-economici e culturali, qualsiasi verità è impossibile. Invece vi sarà sempre un caos che nasconde la realizzazione dei bisogni di un'elite. Cioè, a chi dice: soffrite! Perché è vostro il regno di “Dio”, io farei la domanda: dove sta questo regno e quando si può raggiungerlo? Poiché ho rivolto molte volte questa domanda, posso dire che la risposta solita è: dopo la morte, voi sofferenti (sciocchi ?) avrete tutto. Allora, se è così, coloro che godono e ci fanno soffrire in questo mondo non lo riceveranno? Se questo è vero, come mai, questi ambiziosi che dominano e sfruttano i propri simili in questo mondo pur di avere il potere e il dominio, non pensano a quel “regno di Dio”? È ridicolo, assurdo, contraddittorio alle loro teorie dell’uomo e va contro i cosiddetti diritti umani. Figuriamoci il rispetto per un “Dio” che non si vede, maa cui si  deve credere. Anzi, per la religione cattolica e per i cristiani, Gesù ha detto chiaramente di amare i fratelli come se stesso, perché Egli è nell’uomo, anzi, nei singoli uomini. Se tali sono circostanze in generale, quale verità è possibile?
Partendo dal soggetto umano, a una collettività di diverse grandezze, si pretende di possedere la verità, o si pensa di aver fondato i modi di vivere e di relazionarsi con il sé e con gli altri e con la natura, sulla verità. Ogni popolo confessa di avere la “Verità”. Dimostrano in oltre i legami soprannaturali all’inizio di questi popoli. Ora la domanda giusta sarebbe questa: è possibile una sola Verità? Se è positiva la risposta, è possibile che questa verità unica si rappresenti in modi diversi, nelle diverse parti del mondo poiché ha dato l’avvio alle varie socio-politiche-economico e culturali? Se anche qui la risposta è positiva, non è assurdo pensare un mondo uniforme, per esempio: che esista un’unica lingua, un unica religione, un governo solo, un sistema socio-politico culturale ecc.? Forse queste sono tutte forme di egemonia, di dominazione, di sfruttamento? Cioè, sono solo metodi efficaci, (salvo la diversità naturale proprio perché impossibile cambiare la natura fenomenica) attraverso cui qualcuno può arrivare all’uniformità, sottomettendo e intimidendo la cultura di coloro che non riescono a correre alla velocità della “Ferrari” con una carrozza rotta. In questo modo, è evidente che un sistema socio-politico-economico e culturale non capitalistico del cosiddetto terzo mondo, è soggetto a stati di conflitto interni ed esterni. Altrettanto evidente che questi conflitti sono scaturiti, nutriti e mantenuti da parte della forza socio-politico-economico e culturale occidentale (cfr. il mio articolo su questo blog: dialogo è la sinergia della vita), in vista di profitto e di diventare i capi del mondo intero anche spiritualmente sostituendo il concetto di Dio (monoteista) con il proprio potere, assumendo, innanzitutto e soprattutto la forza interpretativa[3]. Basta fare una ricerca sul come lo Sri Lanka ha vinto la battaglia contro il terrorismo.
Sembra che lo sfondo delle strutture socio-politico-economico-culturali siano basate sui miti che nascondono la verità o le verità agli esseri umani. È possibile affermare che le strutture che riguardano le verità della vita quotidiana dell’uomo non possiedano le verità, ma sono solo i prodotti interpretativi di chi ha il potere come abbiamo già discusso[4]? Se è così, è possibile affermare che la narrazione dei miti si basa su bugie e falsità, ma logicamente e tecnicamente funziona nelle situazioni socio-politico-economiche e culturali in vista di avere il potere e il dominio sugli altri (come scrive Hesse nella storia di “Kubu” il giovane che rifletteva tutto ciò che ha detto il “Mata Dalam” sacerdote che odiava il sole, per avere il dominio su tutti[5])?
Un’altra domanda fondamentale per noi è stata sempre questa: è possibile indicare le vie, i metodi di ricerca, le norme, le leggi per la ricerca della verità? Bisogna precisare brevemente cosa ora intendiamo per verità. Come abbiamo già detto sopra, la verità espressa nella vita quotidiana e quella spirituale sono forse due sfere di un’unica realtà, ma è sempre possibile trattarle separatamente grazie alla capacità “dialettica” dell’uomo. Ci sono poi anche le verità scientifiche (anche se non sono così precise o eternamente valide come ha dimostrato Thomas Kuhn nella sua opera: Structure of scientific revolution) che a loro volta rivendicano il diritto di autonomia nel predicare le verità “create”, modificando la materia all’interno delle situazioni socio-politico-economiche culturali. Queste verità scientifiche prendono inevitabilmente la forma della cultura in cui sono state create.
Infine, ci sono le verità religiose che a loro volta diventano dogmi, verità di fede. Questi sembra che non richiedano una logica, in quanto pretendono puramente un’accettazione di natura passiva da parte del credente. È vero che anche questo può essere una logica; cioè, le religioni presentano i metodi di pregare, per riflettere, come credere, come avvicinarsi alle verità di fede. In questo modo, anche questa diventa una logica basata sulla fede religiosa e, diventa un metodo, una via, che per noi è impossibile. Perché impossibile? La risposta richiede lunghe spiegazioni, ma limitiamo ad un fatto che, pretende, di essere empirico, anche se non sappiamo, come collocarla, quindi, quella quantistica. È vero che uno non può pretendere di provare delle affermazioni religiose, che riguardano la fede, con gli esempi empirici o scientifici. In modo adamantino, la nostra intenzione in questo caso non è provare o negare le verità religiose, ma solo verificare l’importanza del soggetto umano nel conoscere i fatti spirituali o soprannaturali che scaturiscono almeno in parte nell’intelletto (il resto non discutiamo in questa sede). Dunque, se dopo la caduta del muro tra il soggetto ed l’oggetto cartesiano, senza l’uomo (soggetto) le verità di qualsiasi genere non esistono; possiamo ritenere che, qualsiasi verità viene creata da un soggetto o creata da una collettività dei soggetti (per es. oggi vi è una comunità scientifica molto potente) . Nella quantistica, tra soggetto ed oggetto non vi è una distanza, quindi, il soggetto in modo diretto interviene sull’oggetto, prima nell’osservazione poi nell’interpretazione. Di conseguenza, non è più un oggetto puro ma è “un manipolato” (in senso positivo o negativo sempre è una collocazione in una situazione[6]). Se è così, le verità di qualsiasi genere, sono create all’interno delle situazioni socio-politico-economiche e culturali. Tutto ciò afferma che la verità, o le verità non possono scaturire dai metodi o dalle vie create da qualcuno. Così sembra che la verità, se la consideriamo come un’unità, non può essere istituzionalizzata. Se è così, nessuno è proprietario della verità? Nessuno può sapere la verità in modo esauriente? Allora, la verità è un campo di ricerca aperta, senza vie, metodi, istituzioni, organizzazioni?
Una conclusione sarebbe questa: l’uomo dovrebbe essere libero da questi ostacoli per raggiungere la verità (cfr. il nostro articolo su questo blog: Dialettica e libertà). Un altro fatto sarebbe la natura relazionale dell’uomo; quindi, nella “logica del riconoscimento”. In questo modo congenito, l’uomo comincia a riconoscere, prima se stesso poi comincia a narrare in modo autentico ciò che ha compreso. Forse, lì c’è la verità? Una cosa è certa, quando uno comincia a narrare, attirando l’attenzione degli spettatori o/e ascoltatori, ha nelle sue mani il potere e il controllo delle menti e dell’immaginazione (senza tener conto quanto è la lunghezza del tempo dell’influenza ecc). Se è così, allora, di quale verità noi stiamo parlando, sperando, dipendendo e difendendo alle volte anche fanaticamente?


[1] Quest’affermazione sembrerebbe alla prima vista, una fatta senza riflettere e senza tener conto altri fattori relativi; invece, se a livello fondamentale esistenziale, quindi, nella vita quotidiana, l’uomo è soddisfatto, solo, in quell’istante può scaturire una sorgente pacifica verso a un livello spirituale. Altrimenti, uno/una deve lottare per la propria sopravvivenza. E lì ci troviamo troppi aggettivi che forniscono all’uomo comune, i motivi per cui sacrificarsi la propria vita e sopportare tutti i disagi, i dolori; per esempio, martire, eroe, cavaliere, patriota ecc.
[2] L’assurdità della politica dei paesi che discutano e poi pretendono a promuovere i diritti umani sarebbe questo: proprio non riuscire a liberarsi dalle proprie paure, pregiudizi in senso negativo, e in modo particolare non avere la volontà di rispetto alla libertà e alla giustizia proprio perché sono dominate dai desideri primitivi dell’esistenza, quindi, dalla volontà di dominio. I diritti, teoricamente, pretendono di essere tutti gli esseri umani (anche se noi siamo convinti che i concetti astratti di questo genere non dicano in concreto nulla e solo “flatus vocis”), ma in realtà maggior parte degli esseri viventi che vivono nei diversi parti del mondo, non sanno nulla di questi diritti, eppure anche loro vivono relativamente alle loro convinzioni della vita e socio-politico-economico e culturale. Cosa che non funziona? Quali sono i veri problemi? Dove siamo sbagliati? Bisogna discutere, approfondire e dialogare sinceramente.
[3] «I modelli linguistici, la scelta delle parole, le espressioni e i gesti vengono plasmati in un sistema semiotico manipolato da politici, da leader religiosi, e da capi giuridici per creare i miti che servono a consolidare la struttura di potere [Questo metodo funziona in modo efficace, perché, come sostiene Roland Barthes]: Il compito del mito è quello di svuotare la realtà: [cioè] una percettibile assenza delle cose». Zipes Jack, Speaking out. Storytelling and creative Drama for children, trad. Ita., Edizioni conoscenza, Roma 2008, pp. 24-25.
[4] Cfr. Hermann Hesse, Der Waldmensch, Trans. Eng. Bantam, New York 1995, p. 190.
[5] Cfr. Hermann Hesse, Der Waldmensch, Trans. Eng. Bantam, New York 1995.
[6] Come abbiamo trattato nella nostra tesi di dottorato, la complementarietà tra la retorica ed ermeneutica è evidente in qualsiasi verità umana.

WATER - Man, The Narrator

WATER - Man, The Narrator
"No man threfore No world".