Rome at night 2012
Ajith Rohan J.T.F.
Zero
e pensiero dinamico – (Appunti 01)
Premessa
L’obiettivo principale di
questa ricerca è capire brevemente da
cosa e come nasce il concetto matematico-linguistico “zero” e la sua presenza,
in varie forme, in diverse culture del mondo.
In questo modo seguiamo i tratti tecnici dell’invenzione dello zero. Questo
processo è accompagnato dalla critica filosofica e argomenteremo per
comprendere questa creazione del concetto di zero così com’è stato influenzato
a livello “Socio-Politico-Economico-Culturale” (SPEC). Inoltre,riguardo allo
zero, siamo convinti della sua natura congenita e della sua inevitabilità, cioè
di uno “spazio vuoto individuato” e rappresentato da un concetto ed
eventualmente da un simbolo per la comunicazione e per qualsiasi espressione
perfetta (numerica o linguistica) umana (cfr. Ajith Rohan J.T.F., La
Retorica ed Ermeneutica come discipline complementari per la ricerca della
verità in Aristotele e in Gadamer, 2008 Roma). In questo modo noi proviamo
ulteriormente la nostra teoria della conoscenza basata sulla definizione
dell’uomo: avente logos.
Questa necessità probabilmente
è stata individuata materialmente e oggettivamente da parte di quel (quale?)popolo
del continente Indiano, in quanto già avevano un pensiero raffinato filosofico-religioso
pratico che a sua volta facilitava una tale invenzione. Inoltre, la lingua
antica Sanskrito forniva già un termine che ha facilitato il comunicare questo
concetto senza difficoltà nella vicissitudine della vita quotidiana. Il termine
era “sunya” (vuoto e assenza – che genera una sensazione uguale a zero).
Inizialmente tutti questi termini avevano un senso religioso. Ciò non vuol dire
che escludendo attributi religiosi noi non possiamo trattare il concetto di
zero. D’altra parte il senso religioso era solo lo sfondo culturale e civile con
cui a loro volta abbellivano i concetti e la vita pratica in generale (dei, demoni,
spiriti, bene, male, paradiso, inferno ecc). Questo fatto dello sfondo relativo
delle epoche è presente in tutte le culture e civiltà del mondo. Ora noi lo
dobbiamo comprendere senza attributi particolari in quanto semplice ed
autentico possibile.
Alcuni fatti storici rilevanti
Il primo impero persiano fondato da Ciro il Grande è stato il più
grande impero che copriva l’area geografica e culturale dalla valle dell’Indo
all’Europa (550-330 a. c.). Questo impero ha collegato tutte le culture
all’epoca in diversi modi: libertà di circolazione, fedi, culture, strade ecc.
Inoltre, durante il periodo che si chiama Pax Persica, ha liberalizzato oltre
alla strada regale che connetteva occidente all’India, la circolazione delle
idee sociali, filosofie e culture e relative tecnologie. In questo modo prima
della nascita di Siddhartha Gautama da Atene fino a valle d’Indo si conoscevano
e si scambiavano non solo merci ma le idee e le culture. Gli esiliati greci,
ebrei, e altre persone in questo impero, sono stati ben accolti. Secondo i
fatti storici l’impero Achemenide persiano è stato il primo multinazionale e
multi culturale. (cfr. Warwick Ball, Towards
One World, Ancient Persia and the West, London, 2010, p 22-23). Secondo Ball,
Anassimandro, Ecateo, Ippodamo, Pitagora, Anassagora, Ippocrate, Erodoto ed
Eraclito sono nati o vissuti sotto l’impero
Persiano in Asia Minore (cfr. ibidem, p. 39). Inoltre quando nacque Siddhartha
Gautama nel 480 a. c. i soldati Indiani del regno di Gandhara stavano facendo
guerra a150 miglia da Atene per conto dell’impero Persiano (Stephen Batchelor, A Buddhist
Voice for Europe, EBU
AGM, 2010). Tutti questi fatti riportati qui
provano i legami diretti tra Occidente e Oriente prima della nascita di Siddhartha
Gautama.
Alessandro di Macedonia e legami culturali
Questo legame poi venne
ristabilito da Alessandro di Macedonia (356-323 a.c.) con più dinamica.
Alessandro durante i suoi viaggi ha portato i filosofi interessati. Uno di
questi è stato Pirrone di Elide (360-275 a.c.) che poi divenne il fondatore
della prima scuola dello scetticismo in Occidente. Pirrone ha adottato uno
strumento di argomentazione diversa da quella abituale, quindi la logica
Chatuskoti, ossia la logica cha ha usato Siddhartha Gautama. Ciò significa,come
affermano vari filosofi, dopo Alessandro di Macedonia le relazioni accademiche
e culturali cominciavano a ricrescere. Quando venne Alessandro in India nella
zona dell’ attuale Pakistan c’era la famosa università Takshila ove si insegnava
la dottrina di Siddhartha Gautama e c’era anche il famoso economista Kautilya.
Questi fatti sono verificabili anche a
livello archeologico. In oltre il testo che si chiama le Domande di Milinda
(Milinda Panha) è un'altra prova materiale di questo legame tra Grecia e
Indo-Grecia.
D’altra parte dopo Alessandro
di Macedonia la politica dell’impero è stata cambiata e l’India viene unificata
sotto l’Impero di ChandraGupta (321-297 a. c.). Alla fine sotto l’imperatore
Ashoka (304-232 a. c.) l’impero è stato portato al suo massimo splendore con la
filosofia di Siddhartha Gautama e dopo di lui ha inizio la sua decadenza. Così
in India, dopo l’imperatore Ashoka, il buddhismo viene abbandonato. L'India è stata
gradualmente ripristinata ai principi pre-ariani e post-ariani o Vedica (base
dei 4 Veda).In questo modo noi possiamo comprendere perché e come il monaco
Nagarjuna (150-250 d. c.) è riuscito a pensare con una logica diversa e creare
un concetto che trasforma tutta la matematica del mondo.
Alcuni concetti importanti per la ricerca
Significato del termine sunyatha
Il termine
nominativo “sunyatha” (शून्य) indica il «non essere, la non esistenza, ciò che non ha forma, ciò che
è presente come non essere, assente, nulla. [in questo modo] gli scienziati
indiani decisero che il termine “sunyatha” era perfettamente adatto, da un
punto di vista sia filosofico, sia matematico (calcolo), a esprimere la nozione
di assenza di uno degli elementi costitutivi del numero di volta in volta
unità, decina, centinaia ecc»[1]. Sunyatha non significa “vuoto” ma qualcosa d’indefinito. Com’è un “insieme
vuoto”. D’altra parte questo termine ha una storia
filosofica e religiosa in India. Il simbolo che rappresenta lo zero è un cerchio
vuoto; anticamente rappresentava anche «cielo, spazio, atmosfera o firmamento».
C’erano quattro rappresentazioni dello zero in India: «vuoto-spazio
(sunya-kha), vuoto-circonferenza (sunya-chakra) zero-punto (sunya-bindu) [ed in
fine] vuoto-numero (sunya-samkhya)»[2].
Von Neumann dice che i
numeri: « could be bootstrapped out of the empty set by the operations of the
mind». La mente umana è capace di osservare questi «insiemi vuoti» e così anche
un altro «insieme vuoto» e così via. La base di qualsiasi partenza di un
qualsiasi pensiero umano è lo stesso “insieme vuoto”. In questo modo un insieme
vuoto non è più vuoto ma è un «“non-cosa”» ossia la “cosalità” mentale (cfr. A.
Rohan 2008, Roma). Ora, questa conoscenza pratica la applichiamo al nostro modo
di comprendere numeri partendo da zero o finire con lo zero (0
1,2,3,4,5,6,7,8,9, o al contrario); cioè, consideriamo che “Sunyatha” sia un insieme
vuoto che a sua volta diventa una «“non cosa”» (cosalità) dopo aver attribuito
il senso numerico di assenza come mediale o operatore (posizionale). In questo
modo comprendiamo il legame tra il numero vuoto, insieme vuoto, “cosalità” e
pensiero.
Il problema della logica e comprensioni diverse
Il monaco buddhista Nagarjuna ha usato due logiche: quello chatuskoti e
il sillogismo aristotelico. La logica di Buddha ha 4
possibilità (chatuskoti) ossia procede con quattro passaggi: per esempio, vero
(p); falso (-p); ambe e due vero (p) e falso (-p); né vero (p) nemmeno falso
(-p); (cioè tutto è possibile con una alternativa a scelta). Questa è la logica
che il filosofo Pirrone di Elide (360-275 a.c.) ha usato per la sua scuola
filosofica. Ciò vuol dire che la logica con quattro possibilità è stata usata
da Siddhartha Gautama, nell’università di Takshila e da altri seguaci della
filosofia di Siddhartha Gautama. Da questa logica “strana” scaturisce un
“insieme vuoto” ossia “sunyatha”(cfr. Amir D. Aczel, Finding Zero, p.
40-41). Come Democrito tramite la massima di Pirrone “nulla di più” deduce che
se c’è un vuoto significa che esiste “un vuoto”, Parmenide direbbe: se c’è un
vuoto non può essere nulla, noi affermiamo che così nasce il senso della “cosalità
” da qui (da cui?)(concetto di catalisis della nostra teoria della
conoscenza del 2008) l’idea del movimento di Democrito può procedere per continuo.
Allora, in questo modo, possiamo comprendere che dalla logica Chatuskoti nasce
la percezione fondamentale di un “insieme vuoto [3]”.
Ora, comprendiamo la logica
aristotelica; cioè, A=B; B=C; dunque A=C. La causalità conseguenziale del sillogismo
Aristotelico facilita la creazione di un concetto funzionale come lo zero in
senso matematico(In senso linguistico “sunya” significa già vuoto o si può dire
zero esistente). Innanzi tutto dobbiamo comprendere il funzionamento della
logica di Aristotele. Essa è la base utile per la meccanica. Da questa logica
possiamo escludere l’inutile da qualsiasi procedura logica per completare un
qualsiasi prodotto relativo. In questo modo, un “insieme vuoto” che nasce dalla
logica chatuskoti può essere definito come lo zero escludendo tutte le altre
possibilità.
Lo zero e ontologia
Alla fine sembra che tutto ciò
nasce da un gioco della mente. Se è così, questo gioco della mente è lo sfondo
catalitico dell’essere nel mondo. Da questo punto di vista prima sparisce il mondo
dei numeri ideali platonici e poi riapre la possibilità effettiva delle
attività della mente per un mondo della
comunicazione-relazionale. In questo modo la mente nella sua forma naturale
continua a permettere assolutamente di vedere e definire ciò che un individuo desidera vedere[4].
Ora possiamo comprendere dove sta l’energia originale e la capacità di creare i
numeri senza riferimento agli oggetti. È
una facoltà dinamica e congenita della mente propria dell’uomo. A questo punto bisogna precisare che le basi
di calcolo come per esempio 2, 10, 20, 60 ecc. sono le capacità individuali e culturali,
perciò sono relative e rilevanti relativamente al pensiero culturale. In altre
parole, la base fondamentale è la percezione congenita di “insieme vuoto”.
Ora partendo da ciò che
abbiamo visto (“vedere” secondo la nostra filosofia significa esaminare in modo
dialettico e analitico) fino adesso si può affermare che vi è un legame
inevitabile tra questa dinamica di base, cioè di percezione di un “insieme vuoto”
e l’ontologia che a sua volta afferma l’esistenza di base, cioè la “presenza
vuota” (essere in quanto essere e non dei fenomeni particolari). Ciò vuol dire
che essere in quanto essere è uguale alla percezione dell’“insieme vuoto”; in
altre parole è uguale allo zero, alla sunyatha, al nulla, al punto che non ha
le parti, al parallelo cha ha lunghezza ma non ha larghezza ecc. Questo legame
tra un “insieme vuoto” e “presenza vuota” designa un’autentica ontologia del
pensiero.
Il
monaco buddhista Nagarjuna e il concetto di “sunyatha”
Nagarjuna (150 a.c. – 100 d.
c.) nella sua reinterpretazione sistematica della dottrina di Buddha, che si
trova espressa nella sua opera principale Madhamakakarikas, probabilmente,
non per un errore ma consapevolmente, individua il “Sunyatha” come qualcosa che
si può riconoscere come “essere in trasformazione”. È una percezione raffinata,
giusta e giustificabile. Come qualsiasi pensiero, parola e atto hanno
conseguenze processuali (processi dialettiche e logiche per continuum) anche
questa percezione del monaco Nagarjuna aveva portato a conseguenze tragiche. La
più significativo è quella di scissione dell’insegnamento di Siddhartha Gautama
in due scuole: Hinayana e Mahayana. Credo che il monaco Nagarjuna non fosse consapevole
di questa conseguenza. Comunque, Nagarjuna sostiene che la presenza della
materia sia come l’energia che nasce e che dura "un attimo" (in
lingua Sanskrito “kshena”), come la frazione elementare possibile di un pensiero. È necessariamente pensabile con un’immagine “insieme
vuoto” e pensabile con “presenza vuota”.
D’altra parte, dal punto di
vista del nostro monaco Nagarjuna questa modalità rende integrabile alla logica
del suo maestro Siddhartha Gautama quella
Aristotelica che era già presente nel suo tempo in India. Così la causalità è
un fattore consequenziale dei momenti che accompagnano uno che nasce dopo, vale
a dire se A è la causa di B, dunque, se c’è B, ci sono le regole e gli effetti
dell’esperienza dell’A in B (A=B, B=C dunque A=C). Perciò, noi affermiamo che
il monaco Buddhista Nagarjuna sotto lo studio della logica Aristotelica ha
ideato precisamente lo zero e lo ha diffuso tra gli intellettuali dell’India.
L’esistenza e lo spazio-tempo
Abbiamo visto che le cose
appaiono solo "un attimo" e cambiano subito e poi vi è un legame tra
l’essere e causalità. In altre parole in tutto ciò che cambia, muta e si muove
vi è qualcosa di riconoscibile come “cosa che sta trasformando” cioè un
“insieme vuoto” oppure la “presenza vuota” che viene determinata da concetti di
qualità e quantità. Questo è il movimento di cui ha parlato Democrito sulla
massima del filosofo Pirro. Il movimento è legato alla dinamica delle cose
(movimento, mutamento, cambiamento). È la nostra percezione possibile del mondo.
Questo si può comprendere per analogia con la pellicola cinematografica: ogni
fotogramma è un telaio logico. Nel movimento un fotogramma si muove secondo il ritardo
normale della percezione visiva di 1/10 alla velocità di 19 fotogrammi al
secondo. Così noi percepiamo la dinamica del mondo a modo nostro esattamente. Al
di fuori di quella percezione noi non possiamo parlare, proprio come ha detto
Wittgenstein: “su ciò di
cui non si può parlare si deve tacere” (Wittgenstein, Tractatus Logico Philosophicus 1922).
Dal punto di vista della logica
Aristotelica, quando Buddha afferma che non vi è nessun fenomeno eterno sottintende
che le cose finite esistono. Così i fenomeni esistono negli attimi di tempo
concernenti la nostra esperienza. In questo modo, il monaco Nagarjuna ha
evitato il nichilismo esistenziale. Questo è un fatto importante anche riguardo
all’insegnamento di Siddhartha Gautama: sunyatha non è una forma di nichilismo
ma è il modo giusto di comprendere l’esistenza. Tutto ciò che esiste non solo è
definibile come semplice apparenza ma anche come modo di essere quindi non è
ignorabile. Allora, tutto ciò che esiste relativamente al proprio essere,
comunica e relaziona col mondo. È la possibilità di essere. Così la dottrina di
Buddha viene riaffermata con una dialettica diversa. In questo modo si può
comprendere l’insegnamento di Siddhartha Gautama in due modi: come un’etica che
riafferma la vita contemplativa e come un piano più produttivo e innovativo dal
cui pensiero scaturisce lo sviluppo della materia[5].
Suggerimenti
Abbiamo visto l’importanza
dello sfondo logico del pensiero. Secondo la nostra teoria della conoscenza la
logica “chatuskoti” e la “aristotelica” sono complementari. Esse fanno parte
dei nostri ragionamenti critici e creativi. Noi siamo entusiasti nel raccomandare
l’approfondimento della logica chatuskoti che è presente nel dialogo tra Monaco
Buddhista Nagasena e il re Indo-Greco Menandro I Soter (155-130 a.c.)[6].
Leggendo questo testo uno può comprendere senza difficoltà cosa sia la logica
chatuskoti e la sua utilità. In modo specifico noi siamo convinti della sua
validità per comprendere e interpretare il comportamento del quantum ossia la fisica
quantistica. Inoltre se analizziamo bene le domande e lo sfondo della logica
chatuskoti nell’argomentazione di questo dialogo, si può capire il non senso
dei concetti linguistici. Noi non raccomandiamo a nessuno di essere seguaci di
nulla ma bisogna sapere raccogliere il nesso logico che a noi serve togliendo
tutto ciò che è di culturale e fantastico.
[1] Ouaknin Marc-Alain, Mystères des chiffres, Editions
Assouline, trad. Ita. Atlante, Bologna 2005, P. 75.
[2] Ouaknin Marc-Alain, Mystères des chiffres, Editions
Assouline, trad. Ita. Atlante, Bologna 2005, Pp. 77-78.
[3] Facoltà insiemistica è una delle capacità fondamentali della nostra percezione secondo la
nostra. Questo è fondamentale per comprendere il concetto di logos.
[4] In parte questa è ciò che afferma la fisica quantistica. Secondo la
nostra teoria della conoscenza la logica chatuskoti è lo strumento utile per la
fisica quantistica.
[5] A me sembra di interpretare
Aristotele; cioè, Lo stagirita dice che la realtà è perfetta ma perfezionabile.
Quindi, bisogna “vedere” con la forza creativa.
[6] Ci sono diverse
traduzioni in lingua italiana e diversi studi fatti dagli studenti e studiosi
italiani su questo libro. I testi sono disponibili su internet gratuitamente.
No comments:
Post a Comment