Ajith Rohan JTF
අපෝහනය සහ නිදහස
ඉතාලි බසින් ලියා ඇති මේ කෙටි ලිපිය අපගේ බටහිර දර්ශන ආචාර්ය උපාධි පර්යේෂණයේ ඉදිරිපත් කල මිනිස් පැවැත්මට අදාළ ප්රායෝගික
නමුත් නිර්වචනය කල නොහැකි මාන 5 න් එකක් පිලිබඳවයි. මේ මාතෘකාව ඔස්සේ මිනිසාගේ
මුලාකෘත පෙළඹවීම් ස්වභාවිකව හැසිරෙන අයුරු සහ ඒවා ක්රමානුකුලව සාපේක්ෂව හැඩගස්වා
ගන්නේ කෙසේද යන්නත්, ඒ හැඩ ගැසීමේ ක්රියාවලිය ක්රමයෙන් මිනිසාගේ කෘතීම සහ කනගාටුදායක
සීමා සහ සිරගෙවල් බවට පත්වන ආකාරයත් ඉතාම සංක්ෂිප්තව දක්වමු. එසේම මතකය, මිනිසාගේ
පැවැත්මට එහි ඇති වැදගත්කම සහ ඒ ඔස්සේ මිනිසාට මුහුණදෙන්නට සිදුවෙන තත්ත්ව මාන
ගැනත් සැකෙවින් දක්වමු. විශ්වය, ලෝකය සහ මිනිසාගේ පැවැත්මට සාපේක්ෂව වැදගත්ම සාධකය
මිනිසාම වන බව අපගේ ස්ථාවරය වන බව මින් පසක් වේ.
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La dialettica, secondo il nostro avviso è strettamente legata alla libertà dell’essere umano. Se uno non è libero nel pensare, nell’agire, vale a dire se una persona agisce cecamente senza riflettere, abbandonandosi ai diversi modi di accecare il proprio pensiero, come :paura, parzialità, ignoranza, in modo adamantino, non è libero. Lui/lei non è capace di “salire” o/e “scendere” liberamente conoscendo le dimensioni nascoste dell’argomentare e del pensare. L’uomo in catene non ha una visione globale dell’esistenza, non ha una visone filosofica che è squisitamente umana (per fortuna). La prima tra le lacune di un tale pensiero, può essere la mancanza della critica. Per tali persone, fare domande che scaturiscono dalla curiosità, mettendo in dubbio le cose che sono state imposte come vere dalla tradizione,dalla cultura, dalla civiltà, dai genitori e così via, è impossibile . Loro, non sono capaci di muoversi nel pensiero che procede verso un’apertura dalle dimensioni nascoste e dalle regioni sconosciute, sulla base della libertà, per poi creare nuove e valide risposte (conoscenze). La curiosità cerca di risolvere il dubbio. Bisogna precisare che noi non stiamo trattando il dubbio cartesiano ma, quel dubbio naturale che nasce insieme alla curiosità nel processo conoscitivo umano, che a sua volta trasforma nelle varie ricerche.
Come ha notato Platone, Aristotele e Dilthey la tradizione, la storia, per dire in breve con il termine usato da Gadamer, i «pregiudizi» servono all’ uomo che pensa e agisce all’interno di una situazione socio-politico-economico e culturale. Di questo, noi, non possiamo dubitare. Qualsiasi uomo, che si esprime con una lingua, ha in possesso un bagaglio culturale sufficiente a vivere da uomo di relazione, con sé e con il mondo. Il problema della libertà, senza trasformarla in un “mito”, è al centro dell’esistenza umana. Meravigliarsi di fronte a un fenomeno naturale, per esempio: un tramonto, richiede libertà. Sarebbe meglio affermarlo con Aristotele: un tale momento è legato ad uno «status noetico» (consideriamo su questo punto che gli altri stati emotivi affettivi, nel momento dell’esperienza, sono tutti coerenti ad essa). La libertà, dunque, sembra che rappresenti un fondamento della conoscenza e della relazione con il sé e, con il resto fuori dal sé.
La libertà, dalla paura, dall’ignoranza, dalla parzialità ecc., rende la persona capace di scoprire le dimensioni nascoste, è ormai evidente. Ma la libertà non si realizza, come abbiamo già detto, eliminando o abolendo, negando completamente quello che è della persona come un membro di una collettività (la memoria è una necessità per gli esseri umani per poi ricominciare il processo per la libertà); la libertà parte da lui per arrivare a ciò che è possibile e nuovo. In altre parole, l’uomo procede dal vero poi arriva al vero (non il Vero).
L’uomo libero, dunque, non è uno che ha la mente vuota di concetti, come affermava John Locke (tabula rasa). Egli ha gli schemi mentali, le conoscenze acquisite poi dogmatizzate, come ad esempio un sistema operativo di un computer. Senza le informazioni fondamentali, un computer non risponde alla corrente che forniamo come “input”. Dalla mente umana, naturalmente, scaturiscono i «pregiudizi» ma l’importanza della libertà sta sull’orientamento, sulla capacità analitica e sulla capacità di scelta (in conformità ad un’etica) e non in modo deterministico di una cultura o di una civiltà o di un gruppo, o di un clan, tribù ecc. Inoltre, uno che per essenza dovrebbe ricercare la verità, mette in dubbio innanzitutto e soprattutto il proprio sé. Bisogna precisare che, se la ricerca della verità esige necessariamente la libertà del ricercatore, può sembrare un paradosso, se quello già è in quello stato in modo esauriente, non avrebbe senso fare altre ricerche. Invece, bisogna dire che , la lotta per la libertà fa parte della ricerca e, anche viceversa. Nulla può possedere un uomo in modo assoluto, perché le nostre creazioni sono sempre perfettibili.
Ora bisogna verificare l’importanza della memoria per un uomo libero. Abbiamo le conoscenze scientifiche che a loro volta vengono utilizzate nella vita quotidiana, come leggere, valutare, costruire, riprodurre le macchine, guidare ecc. ma queste conoscenze non sembrano comportare un ostacolo alla libertà, se non vi sono altre tipi di conoscenze. Analizzando precisamente le storie delle civiltà, delle culture, possiamo individuare le conoscenze che dogmatizzano la memoria. Esse sono le tradizioni, le fedi diverse e le religioni istituzionalizzate. Il mondo d’oggi è diviso in base a queste memorie che ostacolano, in modo adamantino, la libertà dell’uomo. Le divisioni tra le religioni hanno accecato l’uomo per potersi identificare in queste religioni (fanatismo). Questi possono dimenticare la propria identità come “umano - libero”. Su questo punto le tradizioni, le storie, le culture e le civiltà, si ostacolano per essere liberi. Utilizzano la conoscenza scientifica per soddisfare i propri capricci, per affermare le proprie superiorità sopra gli altri. Solo una visione dialettica, pluriculturale e interdisciplinare, fondata sulla giustizia e sul rispetto, può essere libera. Vale a dire, le conoscenze tradizionali, culturali, in senso dogmatico e strutture chiuse sono gli ostacoli, per essere liberi. Esse non danno la possibilità di riconoscere l’altro in modo dialettico con un’apertura adeguata a conoscere il nuovo. Essi vedono la novità, la diversità, come i nemici. Così da queste conoscenze scaturiscono le diffidenze, le discordie, l’odio, le divisioni e non la conoscenza della verità e della vita.
Riconoscere queste difficoltà sul piano conoscitivo ed etico, è già un esercizio della dialettica. Così sappiamo l’importanza della tradizione, della storia, della conoscenza che ogni cultura o civiltà ha prodotto nel tempo sulla base della vita quotidiana. Bisogna poi sapere con chiarezza che, queste conoscenze non sono quelle per cui noi ci sacrifichiamo in modo fanatico, ma sono gli indizi, che a loro volta diventano loro stessi oggetti delle critiche per scoprire le novità, quindi le dimensioni nascoste.
Non possiamo dimenticare la tendenza e la fragile natura umana che ci sottomete agli effetti immediati della paura, dell’ignoranza. Di conseguenza, la conoscenza di qualsiasi tipo e le tradizioni, le storie, religioni, filosofie diverse dalla propria, diventano gli orrori da evitare. La propria cultura, la storia, la religione e la filosofia diventano delle maschere della paura nascosta, per non essere “vittima di”. Così questi fenomeni di cui abbiamo parlato diventano gli ostacoli per essere liberi.
Conclusione
Or dunque, l’uomo non dalla tradizione, né dalla storia, né dalle fedi diverse, né dalle conoscenze scientifiche o umanistiche riceve la libertà. L’uomo la guadagna dall’arte della contemplazione (visione dialettica e critica con le forze della retorica ed ermeneutica). Quell’arte tramite cui, per eccellenza, l’uomo riesce ad arrivare a livelli relativi alle proprie virtù. Ammettiamo l’utilità delle conoscenze, ma non le attribuiamo un’importanza assoluta, perché possono essere ostacolati. Invece, abbiamo bisogno della libertà di pensiero che dà l’avvio alla dialettica. Coloro che corrono dietro le conoscenze, di cui abbiamo discusso, per poi esserne imprigionati liberamente, possiedono una personalità malata. Loro pensano di essere solo ciò che hanno dogmaticamente imparato e tradizionalmente ereditato. È vero che nessuno può scegliere la propria nazione, la famiglia in cui nascere, decidere quale corpo avere con le peculiari attribuzioni, le capacità e tantomeno nemmeno il nome ecc. Tutto viene dato a ciascun soggetto. Vale a dire, non dobbiamo dimenticare quello che siamo ora ( anche se impossibile da dimenticare. Sarebbe una cosa irrazionale), ma non dobbiamo dimenticare neanche che, le conoscenze delle culture diverse sono in parte delle cose accidentali. Un fatto importante è che le conoscenze sono perfettibili secondo una visione globale e mai provinciale quindi, presuppongono una dialettica, ovvero “il dialogo sincero” con sé e con gli altri. Così, uno non rischia di perdere la propria libertà. In tal modo può scaturire un pensiero libero che a sua volta dà frutti meravigliosi e non sono semplici discussioni provinciali, ma valgono a livello universale. Per aprirsi alla luce della verità dobbiamo quindi sentirci liberi di pensare in modo dialettico, che a sua volta serve da catalisis tra le diversità infinite.
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